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L'OSPITE DELLA SETTIMANA: RICCARDO MONCO - EXECUTIVE CHEF DEL? RISTORANTE TRISTELLATO ENOTECA PINCHIORRI DI FIRENZE?

in Personaggi - il 29 Febbraio 2016

Per oltre vent'anni ha cofirmato la carta di uno dei ristoranti più famosi del mondo. Ma da tre mesi, ovvero da quando l'amico e collega Italo Bassi ha scelto di intraprendere un'altra strada, è il più alto in grado all'interno di una cucina mitica nella quale lavorano ben 35 cuochi. Questa settimana, in esclusiva per Scuola Tessieri, Riccardo Monco si racconta come non ha mai fatto. E parlando del nuovo ristorante di Dubai ripercorre il suo curriculum, svelandoci persino che una volta a New York, fu rinchiuso in uno stanzino dalla polizia.

Rileggendo gli articoli che parlano di lei, e leggendo stralci della sua biografia, si potrebbe dire che coloro che la ritenevano un enfant prodige hanno visto giusto. Da dove parte la sua carriera? Dopo aver frequentato la scuola alberghiera a Milano, ho lavorato in paio di ristoranti in Toscana per farmi le ossa, ma la prima esperienza importante l'ho vissuta a 18 anni nel ristorante di Angelo Paracucchi: La Locanda dell'Angelo era un laboratorio dove sperimentare, si dava un alto valore all'estetica, alla ricerca delle forme. Dopo aver trascorso un anno nel locale di Ameglia, a conferma che è nella natura dei giovani chef voler cambiare spesso area, sono passato da Pietro Leemann per fare un'esperienza diversa. Ma l'avventura "professionale" più bizzarra della mia vita era dietro l'angolo, e riguarda un viaggio negli Stati Uniti.

Mi sta dicendo che si è fatto convincere dalle sirene d'oltreoceano ed è andato a lavorare in America? Diciamo che l'intenzione era quella, visto che un amico mi aveva proposto di andare a lavorare in un ristorante a Malibù, ed a 19 anni non è facile rinunciare ad un'esperienza in California. Cosicché mi organizzo, acquisto un biglietto aereo che prevede uno scalo a New York, ed entusiasta di sbarcare sulla West Coast mi avvicino all'accettazione. Da adesso in poi le racconto qualcosa che non ho mai rilevato a nessun giornalista: i poliziotti dell'ufficio immigrazione, trovandosi di fronte ad un ragazzo che non parlava una parola d'inglese, senza green card, e convinti che volessi rimanere sul suolo americano a tempo indeterminato, mi portano in un stanzino ed iniziano ad interrogarmi.

Come messaggio di benvenuto non c'è male, a conferma che la polizia americana è molto rigida. Ma il bello deve arrivare, perché una volta a tu per tu con i gendarmi questi mi fissano, e con fare deciso mi chiedono: "Se vuole uscire da questa situazione può affrontare un processo, oppure risalire sul primo aereo e rientrare in Italia". Non le dico, nonostante la mia scarsissima conoscenza della lingua, la paura che mi è venuta. E tutto questo, giusto per aggiungere una veritiera nota di colore, mentre un poliziotto americano di origine siciliana chiamato come traduttore mi incitava dicendo: "Devi negare tutto, nega tutto". Il finale se lo immagina: dopo che la polizia mi ha fatto giurare sulla Bibbia che non avrei più fatto una cosa simile, mi sono imbarcato sul primo volo destinazione Italia.

Una parentesi che a distanza di anni risulta divertente, e che non le ha impedito di continuare a collaborare con grandi chef. Il passo successivo nell'alta ristorazione l'ho fatto andando a lavorare da Alain Senderens a Parigi (per maggiori info sulla Ville Lumière vedere Il Viaggio Gourmet della Settimana https://www.scuolatessieri.it/it/tesslife/anima-toscana/viaggio-gourmet-della-settimana-parigi, ndr), dove mi sono seduto per fare un colloquio, ma ancor prima di iniziare a parlare lo chef mi ha detto: "Inizi martedì". Ricordo benissimo che era un venerdì, aveva tutte le mie referenze, ma io non sapevo neanche dove avrei dormito la sera stessa. Nonostante questo il mio primo pensiero è andato ai miei inseparabili coltelli, cosicché chiamo mio padre che gentilissimo prende il primo treno e mi raggiunge, anche se alla frontiera nel timore che venisse perquisito si è alzato ed è andato in bagno. Ma ripensandoci a Parigi è andata bene, anche se l'unica risposta permessa in cucina era "Oui chef", e se sbagliavi a cuocere un fegato grasso il licenziamento era immediato.

Da quel momento in poi la sua carriera si è stabilizzata arrivando all'Enoteca Pinchiorri nel 1993. Dopo essermi consultato con Cracco (all'epoca chef di Enoteca Pinchiorri, ndr), rientro in Italia per parlare con Annie Féolde e Giorgio Pinchiorri, ai quali sarò grato per tutta la vita: finché sarò in grado di salire i gradini che separano il ristorante dalla strada, e loro mi vorranno, questa sarà la mia cucina. All'interno di questo ambiente tutto è speciale, Madame Féolde in veste di chef-proprietaria mi ha dato carta bianca, ma ci confrontiamo costantemente in modo costruttivo, inoltre lei è eccezionale dal punto di vista umano. Perché alla fine è la squadra che vince, e lo chef deve unire, valorizzare la varie componenti, ascoltare le idee che arrivano anche dall'ultimo dei comis.

Adesso una nuova grande avventuare: The Artisan by Enoteca Pinchiorri aprirà tra qualche settimana a Dubai. È un nuovo concetto, una nuova sfida, che offrirà una cucina più casual, più a portata di bocca, di lingua. Prima di accettare questa collaborazione ci siamo sincerati della bontà del progetto andando svariate volte a Dubai, una città che sta vivendo un boom incredibile anche dal punto di vista gastronomico, cosicché abbiamo pensato ad un menù speciale per tecnica, ingredienti, gusto. Un menù che ci rispecchia, pensato a Firenze, da assaporare come un viaggio nelle eccellenze italiane.

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