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L'OSPITE DELLA SETTIMANA: ARRIGO CIPRIANI, PATRON DELL'HARRY'S BAR DI VENEZIA

in Personaggi - il 15 Dicembre 2015

Questa settimana Scuola Tessieri ha l'onore di avere un ospite eccezionale che, dall'alto della sua lunghissima esperienza, rilascia preziosi consigli sul mondo della ristorazione, dell'accoglienza, sulle prospettive per i giovani.

Nel suo ristorante a due passi da Piazza San Marco si sono seduti personaggi del jet-set, persone comuni, turisti provenienti da ogni parte del mondo. Ad un ragazzo che inizia a lavorare per lei, cosa sente di consigliare per riuscire bene in questa professione che si rivolge sempre di più ad un pubblico cosmopolita?

Leggere molto. Farsi uno spessore culturale. Star lontano dagli stereotipi robotizzanti del servizio. Essere umili. Rispettare la libertà del cliente non imponendogli nulla, e lasciandogli libera scelta.  Farlo sentire il più importante. Servirlo come vorresti essere servito te stesso.

Nonostante l'Italia sia un paese a vocazione turistica, in molti si lamentano per la scarsa formazione degli addetti ai lavori. Per alzare il livello stanno nascendo varie realtà: su quali aspetti le scuole dovrebbero puntare per formare i professionisti del domani?

L'Italia non è un paese turistico. Più della metà delle bellezze storiche, architettoniche, artistiche e locali non sono conosciute, né vengono promosse dagli inefficienti enti turistici che servono solo a  creare poltrone per i parenti ed amici dei   politici e in generale spendere i soldi inutilmente. L'Italia è il Paese dei tesori sconosciuti.

Una volta terminato il percorso di studio, in molti consigliano di fare un'esperienza all'estero. Il suo gruppo è oggi presente in varie parti del mondo e, grazie anche alle grandi capacità di suo figlio Giuseppe e oggi anche dei nipoti Maggio ed Ignazio, è in continua espansione: se Arrigo Cipriani oggi avesse 20 anni verso quali destinazioni punterebbe?

Punterei sempre all'Italia, alla scoperta delle trattorie dove il cliente viene accolto come uno di famiglia. Non abbiamo niente da imparare dall'estero. Abbiamo in casa un patrimonio immenso da capire.

Un settore che sembra risentire meno della crisi è quello che si rivolge ad una fascia medio-alta, inoltre il turismo proveniente legato al dollaro è tornato forte grazie al cambio: per un giovane italiano oggi, meglio provare a fare carriera all'interno di un grande gruppo, o tentare la strada di mettersi in proprio?

I grandi gruppi (finanziari, politici, religiosi) tendono a trasformare il dipendente in un robot che deve parlare con il frasario imposto dal gruppo. Ci sarebbe bisogno di una rivoluzione, come dire, anticulturale per riportare il valore dell'individuo alla sua intima dimensione. In Italia abbiamo copiato troppo dall'estero ed abbiamo tralasciato la nostra cultura vera per valorizzare una finta accoglienza, una falsa cucina e un modello che appartiene al gregge universale, ma non dovrebbe essere nemmeno pensato in Italia. Pregherei i futuri ristoratori di diventare pecorelle smarrite e fuggite da questa  accozzaglia standardizzata sulla rilevanza di una forma vuota di significati.

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