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Intervista a Stefano Cipollini “La ristorazione non è fatta solo di piatti gourmet, ma di ingredienti di valore”

in Tesslife - il 05 Dicembre 2022

Chef Cipollini, classe 85, una carriera che non ha niente da invidiare a chef con esperienza decennale. Capo partita a "Il Pellicano" (Porto Ercole) nell'anno in cui si aggiudica la 2 Stelle Michelin, lavora prima a fianco di Gaetano Trovato nel Ristorante Arnolfo (Colle Val d'Elsa) 2 Stelle Michelin, per poi spostarsi nella corte di Massimiliano Alajmo a "Le Calandre" 3 Stelle Michelin e successivamente a "La Montecchia" una Stella Michelin.
Come docente del corso professionale base di cucina il suo motto è "Perfetti, sempre!"

Come sei arrivato ad essere dove sei? Come hai trasformato la tua passione in un lavoro?

Il mio percorso inizia alla scuola alberghiera di Montecatini Terme: un periodo meraviglioso, circondato da ragazzi della tua età che condividono la stessa passione. Capita però che con il tempo questa vada scemando e molti di loro alla fine prendano strade diverse. Posso dire di sentirmi quasi un eletto ad aver coltivato questa vocazione. Dopo la scuola ho iniziato a lavorare nei ristoranti, ma come cameriere, e il lavoro mi piaceva tantissimo. Lavorare in sala ti mostra un lato della ristorazione totalmente diverso. E’ inutile dire che il mio sguardo era sempre rivolto verso le casacche bianche in cucina. Vedevo queste persone talvolta stanche, talvolta madide di sudore, ma non mollavano mai e questo mi emozionava tantissimo. Da lì ho deciso che quello sarebbe stato il mio lavoro.

Qualcuno incontrato durante il percorso, ti è stato particolarmente di ispirazione?

Quando ho iniziato la mia esperienza in questo mondo non esistevano scuole che ti permettessero di entrare direttamente in un ristorante blasonato. Iniziavi, per forza di cose, dal ristorante di paese e mentre lavoravi lì pensavi che quella fosse la realtà. Poi fai esperienza, passi ad un hotel un po’ più bello e ancora una volta ti ritrovi a pensare che quello corrisponda al vero. Poi ho conosciuto uno chef che mi ha instradato verso il primo ristorante stellato: Il Pellicano. Avevo solo vent’anni e durante quell’anno abbiamo guadagnato la seconda Stella Michelin. Facevo parte della brigata e lì ho imparato cos’è l’ordine, la disciplina, il rigore e la severità. Se dev 
fare un nome per me è quello di Antonio Guida. E’ stato il mio mentore, colui che mi ha mostrato l’aspetto più professionale di questo lavoro.

La creazione di un piatto non è più vista e sentita come una semplice ricetta ma piuttosto come un progetto, un’emozione...

Creare un piatto non è seguire una ricetta. Creare un piatto significa unire tutte le tue conoscenze alla capacità di inventiva, creazione, estro e ad una tecnica ben solida. Quando si parla di formazione professionale si intende proprio questo: crearsi le spalle larghe per poter andare con le stesse note a inventare componimenti e armonie diverse. Ma le note sono davvero le stesse? No. Le note hanno tantissime sfaccettature, i piatti hanno tantissime sfaccettature. Difficilmente ci sarà un piatto uguale ad un altro, anche se fatto con la stessa ricetta: per questo un piatto è sempre emozione.

Quali sono, per te, i passi da seguire per la creazione di un piatto?

Per pensare a un piatto si parte dall’ambiente che ci circonda, dalla stagionalità. E’ un po’ come ti insegnano a scuola: si crea un elenco di tutti gli ingredienti di altissima qualità reperibili nel territorio in cui ti trovi. Bisogna
poi capire come declinarli, prendendo anche spunto da altre nazioni e culture. L’italia è sempre stato questo: un crocevia di culture e popolazioni. Basti pensare alla Sicilia, colonizzata e arricchita da tutti i popoli che sono passati da lì. Serve il mentinpot, senza mai dimenticare che abbiamo tutto, basta valorizzarlo.

Quanto è importante la formazione e che struttura deve avere per poi riuscire all’inserimento per essere ben connessa al mondo del lavoro?

Bisogna avere un piano. Da ragazzino, passo dopo passo, aumentavo le mie conoscenze e allungavo il mio punto di arrivo. Il percorso è più lungo ma decisamente ricco e significativo. Per la sua formazione, ognuno di noi,
dovrebbe pensare a dove vuole arrivare e cercare di capire come fare nel miglior modo possibile. Non nel minor tempo. Cercare il proprio maestro, seguirlo ed imparare. Cambiare maestro, seguirlo ed imparare.

Quanto è importante fare squadra?

In cucina fare squadra è il 70% del lavoro. Nessuno chef è una primadonna perché anche lo chef pluristellato più blasonato, da solo non sarebbe niente. Chi lavora con te, non lavora per te. E’ una forma mentis assoluta. Si chiama brigata perché richiama la parte più bella del cameratismo militare. Siamo tutti con la stessa passione e lo stesso obiettivo. Senza una squadra alle spalle non esistono chef.

Insegnare è uno scambio, si dà e si prende molto. C’è qualcosa che tu hai imparato dai ragazzi in questi anni?

Insegnando, cercando di trasmettere la mia esperienza e le mie emozioni in cucina, non ho mai smesso di imparare. Sono molto fortunato. Dai ragazzi si impara sempre moltissime cose. Qui a Scuola Tessieri gli allievi vengono da tutta Italia e a volte anche dall’estero e portano con sé la loro storia che è fatta da ingredienti, ricette della nonna, un aspetto della loro cultura che magari danno per scontato ma che se approfondito può aprire mondi culinari immensi. La ristorazione non è solo il risultato di piatti gourmet ma di ingredienti profondi e molto veritieri. E’ meraviglioso.

Come preparate le nuove leve al futuro? Quali sono i valori fondamentali?

Secondo me sono tre. Ordine, disciplina e perseveranza. In cucina, come in tutti gli altri lavori, quando si punta al meglio ci sono giornate si e giornate no. La cucina non è fortuna, è impegno. Ed è bellissimo perché non hai mai la staticità e non hai la percezione del sentirti arrivato. Hai sempre il motore acceso e pronto a ruggire. Quello che provo a fare ogni giorno è trasferire la mia conoscenza ai miei allievi. Attenzione però: questa non è fatta di tecniche e ricette, ma di emozioni, esperienze. E’ fatta di momenti di pura cucina. Sacrificio, passione, non dare nulla per scontato perché niente arriva da solo. E’ una preparazione psicofisica a quello che è il vero mondo del lavoro. La cucina non è televisione, non si può pensare di fare un piatto astronomico senza nessuna conoscenza. Meglio seguire passo dopo passo tutti gli step della scala gerarchica per formarsi, creasi e di conseguenza creare.

Come ti immagini la cucina del futuro?

Mi immagino un futuro leggermente diverso, con meno frivolezze e sprechi. Più sostanza, concentrazione. Una cucina che parta dalla materia prima evitando gli sprechi ,non solo dell’alimento ma anche nell’economia
dell’energia che serve a crearlo. L’evoluzione per me è una piccola involuzione: tornare alle origini. Probabilmente troppi voli pindarici ci portano lontano da quello che è reale, e che realmente è l’alimentazione. Ritornare alle tradizioni in chiave moderna.

Perché scegliere Scuola Tessieri?

Perché è veramente il sogno di un cuoco. Ti ritrovi in un mondo meraviglioso dove tutti coloro che ti circondano hanno la tua stessa passione. Tutti i professionisti che incontri sono fantastici nel loro mestiere e c’è un interscambio, una comunione di conoscenza. Si avverte proprio il piacere che provano ad essere qui. Scuola Tessieri è una delle scuole più belle e attrezzate che abbia mai visto: come essere appassionato di videogame e ritrovarsi a crearli. E’ un piccolo sogno che si realizza, trasmettere quanta bellezza c’è in questa giacca bianca che portiamo è un onore.

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