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L'OSPITE DELLA SETTIMANA: COLIN PETER FIELD - HEAD BARTENDER HOTEL RITZ DI PARIGI

in Personaggi - il 14 Dicembre 2016

Popolare come una star di Hollywood, conosciuto in tutto il mondo, annovera nella sua bacheca una quantità enorme di premi e riconoscimenti. Solo per citare il più importante, questo elegante gentleman nato nel cuore dell'Inghilterra, è stato decretato World's Best Bartender per Forbes in tre annate distinte. Ma Colin Peter Field è anche un talento eclettico, richiesto dalle migliori catene di hôtellerie mondiale, tant'è che ha collaborato per ben 22 strutture diverse. Sono difatti infinite le richieste di consulenza che gli vengono proposte, ultima delle tante quella proveniente direttamente da Sir Richard Branson, che in vista dei viaggi commerciali nella stratosfera gli ha commissionato degli speciali cocktails da poter consumare in assenza di gravità. Una nuova sfida alla quale sta riflettendo che si potrebbe realizzare a partire dal 2020, ovvero a 15 anni esatti di distanza dall'uscita da The Cocktails of the Ritz Paris, il suo libro uscito nel 2005 con la prefazione dell'amica Kate Moss. Scuola Tessieri, in grande esclusiva, è volata a Parigi per incontrarlo all'Hemingway, il bar dell'hotel Ritz dove Field è Head bartender dal 1994. E mentre facciamo due chiacchere, su uno dei divanetti tanto amati dal Nobel per la letteratura, Mr. Field ci svela segreti e racconta aneddoti. Oltre ad affermare che i migliori bartender del mondo sono italiani... [caption id="attachment_12022" align="alignnone" width="900"]Colin Peter Field, head bartender hotel Ritz di Parigi Colin Peter Field, head bartender hotel Ritz di Parigi[/caption] Della sua brillante carriera sono stati scritti fiumi d'inchiostro, ci sono invece poche notizie riguardo i suoi esordi, che incuriosiscono i giovani di mezzo mondo che stanno iniziando questo lavoro. Com'è iniziata la professione del bartender più famoso del mondo? La passione per questa attività l'ho avvertita fin da bambino, quando nella cittadina nella quale sono nato (Rugby, nel cuore dell'Inghilterra, 60.000 abitanti ad una quarantina di chilometri ad est di Birmingham, ndr) ho iniziato a trasformare la mia cameretta in un bar perfettamente accessoriato, mentre a 14 anni ho ridimensionato le mie ambizioni: sognavo di diventare semplicemente un baffuto cameriere di un caffè parigino. Con grande allure e fascino fantasticavo di sbarcare nella Ville Lumière, e servire con eleganza le mie creazioni, in un'atmosfera che riunisse le mie più grandi passioni: i cocktails e le belle donne. [caption id="attachment_12023" align="alignnone" width="1024"]Veduta esterna dell'hotel Ritz Parigi Veduta esterna dell'hotel Ritz Parigi[/caption] Un sogno che si è rapidamente realizzato, visto che appena ventenne arriva a Parigi, e dopo un inizio traballante riesce a conquistare i primi importanti riconoscimenti. Verissimo, ma le posso assicurare che all'inizio è stata dura, anzi, durissima. Per comprarmi il biglietto di sola andata ho attinto a tutti i miei risparmi, tant'è che venduto anche la bicicletta, ma questo mi ha permesso solamente di arrivare a Parigi ed avere un'autonomia di 5-6 giorni. Avevo i giorni contati, dovevo trovarmi un'occupazione in fretta, ed iniziare ad essere economicamente indipendente. Finisco così per lavorare in hotel di medio livello, con uno stipendio miserevole di appena 200 franchi al mese (l'equivalente di 35 euro, quando nei primi anni Ottanta uno stipendio medio era di circa 170-180 euro, ndr), ma la cosa positiva era che il vitto e l'alloggio erano a carico del mio datore di lavoro. Non un granché, però mi permetteva di sbarcare il lunario, di crescere professionalmente e di conseguire i primi riconoscimenti, tant'è che già nel 1983 vinco la medaglia d'argento World Martini Grand Prix. Ah, gli anni Ottanta! Fantastici, divertenti, mi permisero di stabilizzare la mia condizione economica. E di trovarmi una ragazza "carina": la mia prima fidanzata era una ballerina del Moulin Rouge. Ed anche se il mio stipendio stava migliorando, vivevo ancora per 500 franchi al mese in una semplice "chambre de bonne", ovvero in un sottotetto originariamente pensato per i domestici. Ma la prospettiva iniziava ad essere buona, e la svolta partì iscrivendomi alla scuola Ferrandi: mano a mano che il progresso formativo continuava diventavo più sicuro e con più chances nel mercato del lavoro. [caption id="attachment_12024" align="alignnone" width="1600"]Bar Hemingway, hotel Ritz Interno del Bar Hemingway, hotel Ritz Parigi[/caption] A conferma che anche i migliori hanno sempre bisogno di aggiornarsi, di migliorare. Cosa consiglierebbe ad un ragazzo che oggi muove i primi passi in questo settore? In primis di iscriversi ad una scuola formazione seria, che possa accompagnarlo nella crescita, perché è fondamentale essere ben impostati. Un corso professionale ti permette di entrare nel mondo del lavoro con più facilità, poi in seguito, una volta che è stato avviato il percorso, viaggiare molto e lavorare sui desideri della clientela. In questo voi italiani siete bravissimi, perché i miei colleghi più bravi provengono tutti dal Bel Paese, a partire da Agostino Perrone (bartender del Connaught di Londra, ndr). Non sto parlando di bravissimi professionisti "standard", ma di veri artisti, che emozionano attraverso le loro creazioni. [caption id="attachment_12025" align="alignnone" width="1440"]Bar Hemingway Interno del Bar Hemingway, hotel Ritz Parigi[/caption] Passando invece a quanto da lei realizzato negli ultimi anni, visto che sulla sua carriera nel periodo 1990-2010 è stato scritto moltissimo, di cosa è particolarmente fiero? Sono orgoglioso di aver migliorato le condizioni lavorative dei bartender di tutto il mondo, visto che il mio impegno, in ogni angolo del pianeta, è sempre stato indirizzato a far passare questa professione per un lavoro estremamente serio. Inoltre dopo aver incontrato il Ministero dell'Istruzione francese, ho contribuito a far riconoscere questo lavoro, e dal 2010 sono Responsable du sujet Barman M.A.F (Meilleur Apprenti de France, ndr). Grazie a questo oggi in Francia, chi lavora dietro ad un bancone, è sempre più stimato e apprezzato. E questa la considero una delle mie più grandi vittorie.  

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